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Diario di una guerra che non esiste

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Léon Camus, Geopolintel, 18 Marzo 2012

L’8 marzo abbiamo sentito passare molto vicino il sibilo dei proiettili. L’attacco all’Iran era all’ordine del giorno e ci mancava poco… ma l’opposizione dei militari, sia a Tel Aviv che a Washington ha avuto ragione della virulenza dei “politici”, dei neoconservatori e di altri Likudniki, Netanyahu e Obama in testa. Amano e vogliono la guerra color che non la conoscono e non la praticano che dai loro uffici o sulla carta, scrivendo la storia con la loro penna intinta nel sangue degli altri.

Incapace di colpire l’Iran, l’esercito israeliano ha iniziato per dispetto a picchiare la Striscia di Gaza, una vendetta a sua misura. Gaza, da dove sono partiti i lanci dei razzi artigianali al-Qod-1, erroneamente chiamati “missili” da una stampa costantemente afflitta da un forte strabismo divergente. Gli abitanti di Gaza morti – 25 al 12 marzo – non valgono in effetti alcun commento. Mentre la stampa occidentale si diletta nel dare il bilancio quotidiano delle vittime siriane, non vedendo che cadaveri “fuori dal contesto” … i danni collaterali di una guerra di cui – la stampa ufficiale e zelante – si fa vettore, non distinguendo tra civili e militari, ribelli salafiti da innocenti collaterali, i mercenari dai lealisti … insomma prodigando lacrime e compassione per coloro che cercano di gettare il proprio Paese tra le fiamme della guerra civile! Una guerra intercomunitaria, ma in nome di che cosa e perché? La cosiddetta democrazia! O forse l’odio confessionale (sunniti contro sciiti), la sete di vendetta (vendicare la sconfitta del febbraio 1982 dei settari a Hama da parte di Hafiz al-Assad, dopo il tentato assassinio del Rais a opera dei Fratelli Musulmani?) e la fame di pulizia etnica?

Una stampa che in questo caso si presenta come campione di libertà e democrazia, ma che in realtà agisce come una postazione avanzata di tiro per l’artiglieria pesante della guerra delle parole e delle immagini. La grande guerra del XXI secolo, quella in cui le persone finiscono per ignorare chi le dirige, credendo di essere in pace, mentre il loro paese è in una guerra costante, che riscrive la storia a beneficio esclusivo dei vincitori per meglio molestare i vinti e rendere docili i presunti vincitori, che hanno solo tirato le castagne dal fuoco in favore delle minoranze dominanti.

Resta che in Siria il rullo compressore occidentalista non sembra più potere o saper fare marcia indietro. Unico ostacolo, l’intransigenza del Cremlino che ha ben compreso che dopo Assad, Putin è il secondo della lista dei colpi di stato e dei “rovesci” futuri… coloro che non dicono il proprio nome e si nascondono dietro una chimerica pura volontà popolare prodotto da quelli che una volta i rivoluzionari marxisti denominavano “agitprop”. L’agitazione e la propaganda sproporzionatamente amplificate dal megafono elettronico delle reti sociali. La folla non è mai così ben controllata che quando pensa di essere libera!

A Mosca, l’opposizione si prepara alla battaglia, sostenuta sottobanco e incoraggiata dalla voce di un Occidente interessato e dai Globalisti falsari del bilancio greco. I governi agli ordini dei mediocrati e delle tecnostrutture, tutti applicati per soddisfare i compiti affidati dai Criptarchi – come dire le mafie tribali – che da Londra a Shanghai, da New York, a Francoforte via Tokyo e Parigi, intendono d’ora in poi mettere il pianeta sotto controllo… e i popoli al passo!

L’Iran non perde nulla attendendo

Così, per motivi certamente abbastanza lontani dalla pura filantropia, le classi dirigenti statunitensi e israeliane si stanno dimostrando molto divise sull’opportunità degli attacchi aerei sui siti nucleari iraniani… e anche sul rovesciamento del regime con la forza, almeno per ora.

L’8 marzo, il presidente della commissione difesa e affari esteri della Knesset, il tenente generale Shaul Mofaz, ex capo di Stato Maggiore e Ministro della Difesa di Israele, su Radio Israele reagiva al discorso di Benjamin Netanyahu a Washington, il 5 marzo (quindi alla vigilia del suo incontro al vertice con il presidente degli Stati Uniti), davanti a migliaia di sionisti fanatici dell’AIPAC, denunciando l’errore di presentare l’Iran e il suo programma nucleare come una minaccia imminente per Israele.

Lo stesso giorno, facendo eco al collega israeliano, dodici alti graduati della riserva dell’esercito e dell’intelligence mettevano in guardia, attraverso il trucco di un annuncio “pubblicitario” a piena pagina sul Washington Post, giudicando egualmente che l'”azione militare contro l’Iran allo stato attuale, non è solo inutile ma sarebbe persino pericoloso per gli Stati Uniti e per Israele … Chiediamo [a Obama] di resistere a qualsiasi pressione per una guerra preventiva contro l’Iran”, concludendo con queste parole: “l’esercito degli USA è la forza più formidabile esistente in questo mondo, ciò non toglie che tutte le sfide non sempre hanno una soluzione militare”!

Tra i firmatari della diffida vi erano il generale Martin Dempsey, Capo di Stato Maggiore della Difesa degli Stati Uniti dall’ottobre 2011 e l’ex segretario della Difesa Robert Gates, Paul Pillar, ex capo della stazione CIA in Medio Oriente, che a sua volta, non esita a ricondurre il punto, sempre lo stesso giorno, sul Washington Monthly, insistendo sul fatto che “nessuno può conoscere tutte le conseguenze di una guerra contro l’Iran, e questo è il problema principale che precede le eventuali proposte di uso della forza contro il programma nucleare iraniano. Tuttavia, ha assicurato che le conseguenze negative per gli interessi degli Stati Uniti saranno molto probabilmente gravi.”

Dal punto di vista condiviso da Pillar e Dempsey, politici e militari iraniani sono e restano fino a prova contraria, gli attori razionali il cui fine ultimo è certamente santuarizzare il loro territorio, in altre parole, sono fedeli a una logica puramente difensiva e deterrente – non per condurre una guerra all’estero con l’equilibrio di potere che gioca assolutamente contro di loro… “Un Iran con armi nucleari non sarebbe così pericoloso quanto si vuole credere o far credere”, rilevando inoltre che l’assenza di una “minaccia esistenziale iraniana” per Israele è comunemente accettata dalla maggior parte dei leader politici e militari dello Stato ebraico, ad eccezione di una manciata di esaltati, come negli USA, dove una “tale minaccia è così istericamente brandita da una fazione che comprende sia i neo-conservatori che i democratici, compreso il Presidente Obama.”

In un secondo articolo pubblicato il giorno successivo (Lunedì 6 marzo, il giorno della riunione decisiva Netanyahu-Obama), su The National Interest, Pillar ha osservato in proposito che “le osservazioni del presidente [Obama] su come un qualsiasi governo israeliano non possa tollerare delle armi nucleari nelle mani dell’Iran, e sul suo riferimento al diritto sovrano di Israele a decidere con la sola propria autorità ciò che occorre per soddisfare i suoi bisogni di sicurezza, suona quasi come un invito [implicito] a Netanyahu a lanciare un attacco”. Insistendo pesantemente sull’aspetto controproducente dell’azione nel momento sbagliato: “Non è prudente in questo momento decidere un attacco contro l’Iran… Penso che sarebbe prematuro decidere unilateralmente che sia il momento di usare l’opzione militare… Degli attacchi ora avrebbero un effetto destabilizzante e non permetterebbero [ad Israele] di raggiungere i suoi obiettivi a lungo termine.”

Obama si è impegnato a non deludere il signor Netanyahu

Di fronte a una tale levata di scudi e quindi non potendo, contro la sua volontà, soddisfare l’appetito di orco del suo interlocutore, il presidente degli Stati Uniti aveva offerto, durante il loro incontro a porte chiuse nell’Ufficio Ovale (ex teatro del tragico secondo exploit di Dom Juan Clinton), a mò di compensazione, di ampliare le riserve (in precedenza limitate a 30 unità) di bombe bunkerbuster GBU-28, che oggi sono a disposizione degli israeliani. Un organico largamente insufficiente per colpire i bersagli multipli individuati in Iran.

Un regalo che ne richiede un altro, il capo del governo israeliano ha dato al presidente degli Stati Uniti una versione bibliografica del libro di Ester che racconta in dettaglio l’episodio leggendario celebrato due giorni dopo la festa del Purim … la storia di questa “principessa ebrea che è riuscita a contrastare il piano di un persiano malfidato che ordiva un complotto contro gli sfortunati ebrei”… Esther svela i piani di Haman, in occasione di una festa. Questi confuso, sarà impiccato dal sovrano follemente innamorato dell’ammaliante Esther. E’ chiaro che gli estremisti brulicanti tra i leader israeliani vedono nell’Iran di oggi il discendente dell’antico impero persiano, non dovremmo essere dei geni per decifrare il messaggio molto chiaro di un presente particolarmente simbolico e rivelatore di un progetto mortale ancora incompiuto.

Dato che, davanti gli USA, Israele rimarrà “padrone del proprio destino”, come dice Netanyahu – che tradotto in linguaggio comune significa che Tel Aviv non intende essere al rimorchio di Washington – riconoscendo il diritto di avviare un’offensiva contro l’Iran. Convenzionale o meno (vale a dire nucleare), Netanyahu si guarda bene dal precisarlo sapendo che in questo campo il bluff regna incontrastato e il non detto, come l’implicito, hanno più portata e significato di qualsiasi discorso verbale.

Fatti e dichiarazioni di intenti che è utile rimettere nel contesto della campagna presidenziale statunitense. Soprattutto quando si sa quanto l’attuale titolare della Casa Bianca è in privato totalmente preso dalle tesi e dalla dottrina Netanyahu e, inoltre, in vista della gara in cui s’impegnano i candidati presidenziali repubblicani… come Rick Santorum, che ha dichiarato pubblicamente più volte di essere a favore degli attacchi preventivi contro Teheran. Questo sulla scia dello sfidante di Obama nel 2008, John McCain, a cui piaceva cantare “bomb bomb bomb Iran”. Mirabile esempio di delirio in uno di quei pazzi che ci governano!

In questo contesto di equilibrio precario tra falchi – anche se compensato da militari pragmatici e realistici, se non umani – e moderati, “la grande incognita è ora il grado di psicopatia di cui sono afflitti i leader israeliani, … tara di cui sappiamo anche che una tendenza al suicidio fa parte”? Oligofrenia e paranoia, come molti disturbi mentali, sembrano essere condivisi da certi politici degli Stati Uniti ed europei, più o meno contaminati dalle ossessioni veterotestamentarie o preda di ambizioni patologiche.

“Vetrificare l’Iran”

La psicopatologia non è solo una formula standard o una forma retorica. In Francia, Jacques Kupfer co-presidente del partito Likud (del primo ministro israeliano), che si trova anche a essere un membro del comitato esecutivo della Organizzazione Sionista Mondiale, non crede nelle soluzioni negoziate, e neanche ai bombardamenti convenzionali delle infrastrutture nucleari iraniane, indicando che non sarebbero per “nulla la soluzione finale” (3). Portandolo a proporre un uso illimitato delle armi nucleari: “bombardare l’Iran sarebbe in linea con la distruzione giustificata di Amburgo e di Dresda in mano ai nazisti, la distruzione di Hiroshima e Nagasaki in mano agli alleati giapponesi del Reich”!

Lasciamolo parlare: “L’Iran è certamente il pericolo più minaccioso. Ora ha dimostrato la sua volontà, anche agli scettici, di acquisire armi nucleari, imponendo ad Israele e possibilmente al resto del mondo civilizzato, una azione difensiva e preventiva … tra l’Occidente e il blocco sovietico l’equilibrio creato dalle armi di distruzione di massa è stato un deterrente per entrambe le parti. Questa logica non si applica a un paese musulmano dove non c’è razionalità e dove la mente analitica è appannata da una religione-ideologia di conquista e di guerra … Dopo aver fatto saltare il baluardo rappresentato da Israele in difesa di un Occidente smidollato e incosciente, l’invasione dell’Islam segnerà il destino dell’Europa ex giudaico-cristiana”.

Discorso abile che oppone il campo della civiltà alla barbarie islamica presa come un blocco omogeneo. Se il signor Kupfer non fosse una così grande personalità, alcuni storici, studiosi o membri di associazioni che difendono i diritti dell’uomo, si arrischierebbero a rispondergli e a sfumare di riflesso la sua analisi? Ma è improbabile che ciò accada. Nella terra di Descartes, l’esame critico del mondo che ci circonda ormai non fa più parte dei programmi di questa gioia esagonale che ancora e sempre è, l’istruzione nazionale!

“… Non credere alle maledizioni dell’Adolf di Teheran, non ascoltare la traduzione del suo discorso, ignorare le sue promesse e minacce, dimenticare le folle plaudenti per le strade dell’Iran che gridano contro Israele e l’Occidente, ci può portare al disastro … Immaginate per un momento che Israele sia dotato di armi nucleari [ovviamente non ne è (dotata), questo è un segreto di Pulcinella]! E’ ovvio che l’uso di una bomba atomica sarebbe perfettamente fattibile se un pericolo mortale incombesse su Israele … [con il risultato che] la vetrificazione dell’Iran deve essere considerata e, se necessario per la nostra esistenza, deve essere eseguita. L’Occidente ha sempre dovuto scegliere tra un arabo fanatico e barbaro e un buon ebreo civile e saggio … Se solo lo Stato di Israele avesse una bomba nucleare … e dei leader in grado di sfruttarne l’esistenza!”. Kupfer sarà ascoltato, e i popoli di tutto il mondo sapranno la verità alla fine, con un sospiro forte: lo Stato ebraico ha ingannato per quarant’anni, Dimona non ha mai prodotto alcuna testata nucleare e sono gli statunitensi (e gli inglese) che spingono lo Stato ebraico a perseguire una guerra eterna per la difesa dell’occidente “ingrato ed egoista” (Jacques Attali dixit)!

Sul fronte siriano

Il 7 marzo, l’agenzia privata di intelligence Stratfor aveva confermato che (secondo Wikileaks che ha pubblicato una e-mail esplicita proveniente dall’entourage del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan) elementi delle forze speciali statunitensi, ma anche francesi, inglesi, turche e giordane, sarebbero presenti in Siria dal dicembre 2011 … Cipro è stata scelta anche come base principale da cui far partire i velivoli inglesi e francesi quando l’attacco aereo su Damasco e le altre postazioni in Siria saranno ordinate dal Pentagono.

L’AFP riferiva il 7 marzo 2012 che la stampa siriana – con un ampio potere discrezionale in materia, richiesta dalla contrattazione? – menzionava la scoperta di corpi di stranieri morti, di cui un europeo, tra le rovine dei quartieri disputati a Homs. Notizia che non ha nulla di sorprendente per i lettori di un settimanale satirico. Spesso fonte ben informata, Le Canard enchaîné [del 29 febbraio 2012] aveva infatti riferito che oltre alla “Conferenza degli Amici della Siria” che aveva riunito a Tunisi il 24 febbraio, i rappresentanti di sessanta paesi, tra cui la Segretaria di Stato statunitense, la signora Hillary e il signor Juppé, ex ministro degli affari esteri francese… costoro, ai margini della Conferenza, si sarebbero coordinati con i funzionari dei Servizi Speciali di Qatar, Turchia e Arabia Saudita per “montare un colpo di stato” in Siria, sul modello della Libia … soprattutto tramite il Qatar, che rifornisce i ribelli di armi, munizioni e di esperti che li addestrano alla guerriglia urbana.

Ma la stampa ha confermato dopo otto giorni ciò che ha mandato in fermento il Web nelle ultime tre settimane, vale a dire l’arresto di ufficiali francesi in Siria … diciannove dicono! Se questa notizia, ripresa a Londra, a Mosca e in Turchia, sarà confermata, ciò significherebbe che l’Occidente, senza dirlo, è in guerra contro l’Asse del Male che collega Teheran, Damasco e Beirut, dove lo sciita Hezbollah detta la politica … e, di conseguenza, in guerra con coloro che li sostengono indefettibilmente, in una parola, Mosca e Pechino! Tutto un programma.

FONTE: http://www.geopolintel.fr/article476.html


NOTE:
(1) Nome utilizzato dalla Jihad islamica, gruppo distinto da Hamas incaricato della gestione della Striscia, per i Qassam di tipo 1, 2 e 3. Particolarmente rustici, questi ordigni sono usati dal 2001 e i cui ultimi modelli hanno una lunghezza di 2 m contro i 0,79 degli originali, con un peso di 90Kg, contro i 5,5. Il governo israeliano gli attribuisce a oggi la morte – diretta o indiretta – di 14 persone. Siamo così di gran lunga, in un decennio, lontano dal bilancio terrificante suggerito dai media che descrivono i residenti locali di Gaza vivere nel terrore costante e assoluto.
(2) L’affare Monica Lewinsky che ha portato all’operazione “Desert Fox”, impreziosito da attacchi “sostanziali”, ossia il lancio di 415 missili da crociera il 16 dicembre 1998 – contro i 291 del febbraio 1991, durante l’operazione Desert Storm – su Baghdad … un diversivo utile, mentre si prevedeva una procedura di impeachment avviata contro la falsa testimonianza del Presidente. 200 aerei da combattimento, 25 navi da guerra e due portaerei (Enterprise e Carl Vinson) furono mobilitati per cancellare le scappatelle sessuali di un personaggio tutt’altro che brillante. Vedremo a questo proposito un film – “I colori della vittoria” di Mike Nichols Sori del marzo 1998 – la cronaca della campagna presidenziale del 1992 del suddetto Clinton, nel film interpretato brillantemente da John Travolta, più vero del vero. Bilancio ufficiale di Desert Fox: 650 sortite, 600 bombe, 415 missili lanciati contro un centinaio di obiettivi tra cui la raffineria di Bassora.
(3) “Vitrifier l’Iran” 29 febbraio 2012 – http://www.israel7.com/2012/02/vitrifierliran.htm

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://sitoaurora.altervista.org/home.htm
http://aurorasito.wordpress.com

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